Neuroscienze e pedagogia

Il rapido sviluppo delle neuroscienze ha indicato come numerosi aspetti del comportamento rispecchino le caratteristiche del sistema nervoso e come fare esperienze dipenda dall’interazione tra numerose funzioni cerebrali. Conoscere come funziona il cervello può quindi tradursi in un migliore processo educativo. Si tratta di spiegare i comportamenti umani in termini di attività del sistema nervoso e ad approfondire le interconnessioni cervello-mente-ambiente nonché i collegamenti tra basi neuronali, meccanismi fisio-psicologici (agire, percepire, pensare, parlare, apprendere, comunicare) e ruolo dei contesti ambientali nell’attivare il potenziale di sviluppo e nell’innescare l’attività mentale. Focus della pedagogia è il soggetto-in-formazione, contrassegnato da processi di e-ducere e di formazione/autoformazione. La pedagogia ha con le neuroscienze un rapporto squisitamente dialettico: le assume, le integra, le supera. L’anthropos che essa coltiva e cura è “mente, cuore e mano”.

Al centro della neuropedagogia vi è il principio della plasticità neuronale, ovvero il fatto che il cervello è in grado di modificare la sua struttura sulla base degli stimoli ambientali, dell’esperienza.
Un primo aspetto da considerare è il ruolo esercitato dalla motricità. La psicomotricità ha un vasto impatto sulla maturazione della mente infantile. Nel corso della crescita, il cervello ha inizialmente bisogno di fare esperienze tattili e motorie, punto di partenza per la maturazione delle aree superiori, quelle del linguaggio e del pensiero complesso. Il rapporto tra sensi e motricità è quindi al centro di numerosi aspetti della neuropedagogia focalizzati sul fatto che la mente infantile è concreta, basata sull’interazione diretta, su una serie di tentativi, anche infruttuosi, promossi dal bambino.

Un primo interessante contributo, dal titolo “Attenzione e apprendimento. Conoscere come si sviluppa e funziona il cervello può migliorare l’attenzione e l’apprendimento in ambito scolastico”, si deve ad Alberto Oliverio, noto studioso di neuroscienze. L’oggetto della riflessione proposta si articola sull’importanza di alcune componenti fondamentali da cui prendono l’avvio i processi di costruzione dell’azione e del pensiero: attenzione e apprendimento, motricità e cognizione e, più in particolare, “attenzione selettiva” e memoria. Di qui il riferimento a quello che l’autore definisce una vera propria “rivoluzione neuro cognitiva”. Una rivoluzione legata alla moltiplicazione di ricerche sul- la complessità delle connessioni corpo-mente.

Il secondo contributo di Elisa Frauenfelder, insiste sull’ “implicito bioeducativo” e sul nesso che collega emozioni e cognizioni.
Elisa Frauenfelder – a cui si devono i primi più importanti studi di biopedagogia –mostra con chiarezza l’importanza delle conoscenze sul funzionamento del cervello e sulle caratteristiche del suo sviluppo per l’ideazione e la promozione di articolati dispositivi pedagogici e didattici attenti alla pluralità delle dimensioni dell’educativo.

Infine il saggio di Franco Cambi, dal titolo “La pedagogia e il riduzionismo oggi: il ruolo delle neuroscienze”, Il sapere pedagogico, infatti, in quanto sapere eminentemente complesso, non può non tenere conto della pluridimensionalità del soggetto in formazione e della varietà e variabilità dei suoi contesti di vita. A tal proposito, Cambi propone la ricomposizione e integrazione dei vari saperi dell’educazione che guardano i molteplici livelli di realtà “in un quadro di rete e di sistema a predominio variabile”.